domenica 12 agosto 2012

Texas, addio

1966, di Ferdinando Baldi. Con: Franco Nero, Alberto Dell'Acqua, José Suarez, Luigi Pistilli, Livio Lorenzon, José Guardiola, Elisa Montés.


Texas, addio è uno di quei western italiani della prima ondata di spaghetti post leoniani dall'aria tetra, la cui trama fa il paio con quella di Le Colt cantarono la morte e fu... tempo di massacro di Lucio Fulci, visti i toni da tregenda greca, richiamati dagli echi edipici dei drammi famigliari a vario livello, che man mano si disvelano nel corso della narrazione.
E come nel film di Fulci, del resto, il protagonista indiscusso è un grande Franco Nero, la cui interpretazione è impreziosita dal clamoroso doppiaggio di Enrico Maria Salerno, che le dà un valore aggiunto in termini di coolness non indifferente (il richiamo al Clint Eastwood della Trilogia del Dollaro è pressochè inevitabile oltre che, evidentemente, voluto dalla produzione). Nero - calzando con classe infinita un notevole trench di pelle - interpreta la parte dell'integerrimo sceriffo dalla mano svelta (e dalla battuta pronta: i dialoghi sono davvero brillanti) Burt Sullivan,  mosso per tutta la durata della pellicola dall'implacabile ed inesorabile sete di vendetta nei confronti di Cisco Delgado (José Suarez), l'uomo che tempo addietro ebbe ad uccidere suo padre. Vendetta commista al desiderio di giustizia: il suo obiettivo, infatti, non è tanto quello di eliminare Delgado, quanto quello di riportarlo in Texas per farlo processare. Questi, infatti, si trova in Messico (teatro di quasi tutta la storia), ove ormai risiede da tempo, ricco, potente e spietato, come si conviene ai villains della peggior (miglior) specie.
Piuttosto anonima l'interpretazione di Alberto Dell'Acqua, nei panni del fratello di Burt, Jim Sullivan, per quanto il personaggio che anima sia una figura centrale della vicenda, mentre ottimi sono tutti i comprimari, alcuni dei quali sono i soliti noti, come ad esempio Luigi Pistilli, nei panni dell'avvocato a capo dei ribelli. Su tutti, però, spicca Livio Lorenzon, davvero eccelso nel caratterizzare la figura di Miguel, l'alcalde che si muove nell'alveo della pellicola mostrando molte ombre (la gustosissima scena in cui, sbronzo e ridanciano, fa fucilare dei ladruncoli dando come segnale per l'esecuzione l'estrazione del tappo dalla borraccia da cui si abbevera alcolicamente) ed alcune luci (sul finale, quando viene svelato il suo passato e, mestamente, si defila dando la sua pistola a Burt).
Notevole l'utilizzo dei paesaggi dell'Almeria da parte di Baldi, il quale conduce il film con assoluto mestiere (con una particolare cura per le scene d'azione) e senza sbavature.
Co-sceneggiato da Franco Rossetti (già co-autore di Django insieme a Sergio Corbucci) e regista di El desperado.


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