lunedì 16 luglio 2012

Django il bastardo

1969, di Sergio Garrone. Con: Anthony Steffen, Paolo Gozlino, Luciano Rossi, Rada Rassimov, Jean Louis, Fred Robsahm, Teodoro Corrà.

Western all'italiana piuttosto classico, dal taglio a tratti decisamente fumettistico per l'uso delle inquadrature e del montaggio (in particolare, l'incipit, tra le parti migliori del film), in cui le fattezze del protagonista, interpretato dal non eccessivamente espressivo italo-brasiliano Anthony Steffen (Antônio Luiz de Teffé von Hoonholtz, per l'occasione anche cosceneggiatore e produttore), si rifanno in maniera sfacciata all'Eastwood senza nome leoniano ed al Django di Corbucci, al quale ultimo scippa anche il nome, usanza piuttosto comune nel genere all'epoca - per attirare pubblico al cinema, sfruttando l'eco dei pistoleri più celebri - dato che i nomi dei personaggi non venivano registrati quali proprietà intellettuali. E per tacere di cose succedeva all'estero, dove traduzioni di titoli e doppiaggi infilavano i Django e i Sartana anche nell'insalata.
La peculiarità del film risiede nel fatto che Django è assolutamente disinteressato al denaro (ed alle donne, ma quest'ultimo è un topos) e agisce utilizzando la vendetta nei confronti dei tre ufficiali che avevano tradito lui e tutti si suoi commilitoni durante la Guerra di Secessione quale unico carburante per le sue azioni, muovendosi ed apparendo con le modalità quasi soprannaturali di un fantasma. E parlando come un fantasma: "Vengo dall'inferno e ti assicuro che non si sta affatto bene", "Ho già avuto una vita".
Notevole, come sempre, il caratterista Luciano Rossi, nella parte del fratello psicotico di Rod Murdok.
Non un capolavoro, ma godibilissimo per gli amanti del genere. 


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