martedì 12 giugno 2012

Per un pugno di Dollari


1964, di Sergio Leone. Con: Clint Eastwood, Gian Maria Volonté, Marianne Koch, José Calvo


Tutto è cominciato da qui, quasi per caso. Certo, Per un pugno di dollari non è stato il primo western italiano in assoluto. Se si va scavare nel passato, si trovano i primi tentativi, seppur parodistici fin dagli anni quaranta, ed anzi fin dal 1913, con quel La vampira indiana diretta dal padre di Leone, Roberto Roberti, ed interpretato dalla madre Bice Valerian. Ed anche restringendo l’ambito ai primi anni sessanta, qualcosa era già stato fatto (vedasi, ad esempio, la produzione italo-spagnola Duello nel Texas di Ricardo Blasco del 1963 o Le pistole non discutono di  Mario Caiano del 1964, il fratello maggiore in chiave produttiva dell’esordio leoniano), sulla scorta del combinato disposto della crisi del cinema western americano (tanto quantitativa quanto qualitativa) e della contemporanea richiesta di film western da parte del pubblico europeo, ed italiano in particolare. A ciò si aggiunga che la Spagna e la Germania (quest’ultima con i film sulla saga di Winnietou, tratti dai romanzi del Salgari tedesco Carl May, in alcuni dei quali, per inciso, fece le sue prime apparizioni Mario Girotti, alias Terence Hill) già da un paio d’anni avevano intrapreso la via del western europeo, con un più che discreto successo di pubblico. Insomma, le condizioni erano mature affinché anche in Italia, dove il peplum era ormai agli sgoccioli, si tentasse la via del cinema di genere yankee per eccellenza.
Per altro, proprio i pepla rappresentarono una fucina di artigiani e addetti ai lavori del cinema dalla quale il western all’italiana attinse a piene mani (così come, negli anni settanta, il poliziottesco a sua volta attinse dal western ormai decotto): registi, sceneggiatori, operatori, direttori della fotografia, attori (Giuliano Gemma, uno dei simboli del western italiano. iniziò la carriera proprio in ambito “sandaloni”).
Anche Leone non fa eccezione: co-diresse Gli ultimi giorni di Pompei e diresse Il colosso di Rodi; poi, la folgorazione: dopo aver visto al cinema, su consiglio dell’amico Duccio Tessari, il film di Kurosawa La sfida del samurai*, gli venne l’idea di farne un western… per farla breve, dopo varie peripezie il film si fece, ma come “lato b” del citato Le pistole non discutono di Mario Caiano (considerato potenzialmente migliore e con maggiori prospettive d’incasso dai produttori), cioè riutilizzando, per ottimizzare il già risicatissimo budget, la medesima troupe (compresi quasi tutti gli attori), i costumi di scena, le scenografie e via discorrendo.
Clint Eastwood in Rawhide
La cosa curiosa, è che anche la scelta del protagonista fu dettata in parte da mere ragioni di low cost: Leone, propose il film, nell’ordine: ad Henry Fonda (l’agente non gli fece neanche leggere la sceneggiatura), Charles Bronson (che rifiutò, poiché ritenne la sceneggiatura orrenda) e James Coburn (che accettò, ma che era troppo caro). La scelta cadde sull’allora sconosciuto Clint Eastwood** (apparso solo in alcuni episodi del telefilm americano Rawhide), che pur non convincendo affatto Leone, aveva il grossissimo pregio di costare poco (e di portarsi dagli States alcuni dei costumi di scena!).
Ancor più curioso è il fatto che Morricone stesso (allora un giovane musicista come tanti, che aveva già composto le musiche di Duello nel TexasLe pistole non discutono), l’altro simbolo del successo di Per un pugno di dollari, non fu la prima scelta del regista (che voleva per contro Angelo Francesco Lavagnino), il qaule fu anzi sul punto di scartarlo. La leggenda vuole che i due si incontrarono per volere della produzione e a quel punto scoprirono di essere stati compagni di scuola alle elementari. Dopo questa “carrambata” iniziale, però, Leone dimostrò il suo disappunto per le musiche, molto classiche, proposte da Morricone, il quale, per tutta risposta, tirò fuori dal cassetto alcuni componimenti ed arrangiamenti più alternativi e sperimentali, che teneva in naftalina da un po’ di tempo…
La storia è nota. Questo western italiano da due lire (che per altro non bastarono: il soldi finirono negli ultimi giorni di riprese e si dovette ricorrere ad ogni espediente per riuscire a terminarle), al quale non credeva nessuno, prodotto con gli scarti di un'altra pellicola, ebbe un inspiegato ed inspiegabile successo di pubblico (ma, ovviamente, non di critica, che si “accorse” di Leone solo molti anni dopo, dimostrandosi sempre sul pezzo…) e rappresentò la molla, il detonatore per la nascita di un genere che nel giro di pochissimo tempo si diffuse a macchia d’olio, in maniera financo eccessiva (dal 1964 al 1978 ci contano circa 600 pellicole!), dando vita d uno dei più prolifici ed incredibili episodi del cinema italiano, non solo di genere.
Ramon
Ovviamente, Per un pugno di dollari non è stato solo un b-movie (nell’accezione economico-produttiva del termine, ça va sans dire) dall’insperato successo, ma è stato il film che per primo ha rigirato come un calzino la poetica del western americano, fondata sull’accezione epica, a volte celebrativa, del pionierismo e della conquista del west (storicamente, uno dei momenti fondanti per lo sviluppo e il consolidamento degli USA), introducendo elementi di novità tanto sul piano formale che su quello sostanziale.
In questa “favola per adulti” (come Leone stesso amava definire i suoi western), vengono a galla innanzitutto una violenza mai vista e un realismo del particolare che si contrappone agli elementi più favolistici, per l’appunto, a volte quasi fumettistici, portati dal piano narrativo.

"Fate molto male a ridere. Al mio mulo non piace la gente che ride. Ha subito l'impressione che si rida di lui..."
Anche (e soprattutto?) per motivi di carattere pratico, spariscono le grandi praterie, gli Indiani, il Gran Canyon, e lo scenario diventa un assolato e polveroso paese (calustrofobico, si potrebbe azzardare, rispetto ai classici d’oltreoceano) ai confini con il Messico, che diventa teatro delle vicende di un vero e proprio antieroe, non più un puro, un simbolo della grandezza e della magnificenza della nascita di un paese, ma un individuo violento, amorale e sostanzialmente interessato solo al denaro ed alle proprie sorti personali. Il west non è più il simbolo di un’epopea, ma una giungla dove sopravvivono il più astuto e, soprattutto, chi spara più veloce.

* I rappresentanti della Jolly Film, casa produttrice della pellicola, pare che avessero assicurato Leone di aver acquistato i diritti per girare questa sorta di remake del film di Kurosawa (a sua volta tratto da un romanzo), ma convinti del fatto che Per un pugno di dollari sarebbe passato assolutamente inosservato, proiettato per lo più in qualche cinema parrocchiale o in qualche programmazione estiva, fecero a sua insaputa questo ulteriore taglio al budget, con tutte le note conseguenze: dopo alcune deboli difese (la più brillante: gli sceneggiatori del film si sarebbero ispirati all’Arlecchino servitore di due padroni di Goldoni), furono costretti a cedere a Kurosawa i diritti per il film in Giappone, oltre ad una percentuale sui restanti incassi.

** Clint Eastwood che, per chi scrive, deve condividere gli onori del suo successo italiano con Enrico Maria Salerno, che nella Trilogia del Dollaro gli ha dato la voce, tirando fuori dal cilindro il più clamoroso doppiaggio di tutti i tempi, in termini di efficacia.

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