1964, di Sergio Leone. Con: Clint Eastwood, Gian Maria Volonté, Marianne Koch, José Calvo
Tutto è cominciato da qui, quasi per caso. Certo, Per un pugno di
dollari non è stato il primo western italiano in assoluto. Se si va
scavare nel passato, si trovano i primi tentativi, seppur parodistici
fin dagli anni quaranta, ed anzi fin dal 1913, con quel La vampira
indiana diretta dal padre di Leone, Roberto Roberti, ed interpretato
dalla madre Bice Valerian. Ed anche restringendo l’ambito ai primi anni
sessanta, qualcosa era già stato fatto (vedasi, ad esempio, la
produzione italo-spagnola Duello nel Texas di Ricardo Blasco del 1963 o Le pistole non discutono di Mario Caiano del 1964, il fratello
maggiore in chiave produttiva dell’esordio leoniano), sulla scorta del
combinato disposto della crisi del cinema western americano (tanto
quantitativa quanto qualitativa) e della contemporanea richiesta di film
western da parte del pubblico europeo, ed italiano in particolare. A
ciò si aggiunga che la Spagna e la Germania (quest’ultima con i film
sulla saga di Winnietou, tratti dai romanzi del Salgari tedesco Carl
May, in alcuni dei quali, per inciso, fece le sue prime apparizioni
Mario Girotti, alias Terence Hill) già da un
paio d’anni avevano intrapreso la via del western europeo, con un più
che discreto successo di pubblico. Insomma, le condizioni erano mature
affinché anche in Italia, dove il peplum era ormai agli sgoccioli, si tentasse la via del cinema di genere yankee per eccellenza.
Per altro, proprio i pepla rappresentarono
una fucina di artigiani e addetti ai lavori del cinema dalla quale il
western all’italiana attinse a piene mani (così come, negli anni
settanta, il poliziottesco a sua volta attinse dal western ormai
decotto): registi, sceneggiatori, operatori, direttori della fotografia,
attori (Giuliano Gemma, uno dei simboli del western italiano. iniziò la
carriera proprio in ambito “sandaloni”).
Anche Leone non fa
eccezione: co-diresse Gli ultimi giorni di Pompei e diresse Il
colosso di Rodi; poi, la folgorazione: dopo aver visto al cinema, su
consiglio dell’amico Duccio Tessari, il film di Kurosawa La sfida del
samurai*, gli venne l’idea di farne un western… per farla breve, dopo
varie peripezie il film si fece, ma come “lato b” del citato Le pistole
non discutono di Mario Caiano (considerato potenzialmente migliore e
con maggiori prospettive d’incasso dai produttori), cioè riutilizzando,
per ottimizzare il già risicatissimo budget, la medesima troupe (compresi quasi tutti gli attori), i costumi di scena, le scenografie e via discorrendo.
Clint Eastwood in Rawhide |
La cosa curiosa, è che anche la scelta del protagonista fu dettata in parte da mere ragioni di low cost:
Leone, propose il film, nell’ordine: ad Henry Fonda (l’agente non gli
fece neanche leggere la sceneggiatura), Charles Bronson (che rifiutò,
poiché ritenne la sceneggiatura orrenda) e James Coburn (che accettò, ma
che era troppo caro). La scelta cadde sull’allora sconosciuto Clint
Eastwood** (apparso solo in alcuni episodi del telefilm americano Rawhide), che pur non convincendo affatto Leone, aveva il grossissimo
pregio di costare poco (e di portarsi dagli States alcuni dei costumi di
scena!).
Ancor più curioso è il fatto che Morricone stesso (allora
un giovane musicista come tanti, che aveva già composto le musiche di Duello nel Texas e Le pistole non discutono), l’altro simbolo del
successo di Per un pugno di dollari, non fu la prima scelta del
regista (che voleva per contro Angelo Francesco Lavagnino), il qaule fu
anzi sul punto di scartarlo. La leggenda vuole che i due si incontrarono
per volere della produzione e a quel punto scoprirono di essere stati
compagni di scuola alle elementari. Dopo questa “carrambata” iniziale,
però, Leone dimostrò il suo disappunto per le musiche, molto classiche,
proposte da Morricone, il quale, per tutta risposta, tirò fuori dal
cassetto alcuni componimenti ed arrangiamenti più alternativi e
sperimentali, che teneva in naftalina da un po’ di tempo…
La storia è
nota. Questo western italiano da due lire (che per altro non bastarono:
il soldi finirono negli ultimi giorni di riprese e si dovette ricorrere
ad ogni espediente per riuscire a terminarle), al quale non credeva
nessuno, prodotto con gli scarti di un'altra pellicola, ebbe un
inspiegato ed inspiegabile successo di pubblico (ma, ovviamente, non di
critica, che si “accorse” di Leone solo molti anni dopo, dimostrandosi
sempre sul pezzo…) e rappresentò la molla, il detonatore per la nascita
di un genere che nel giro di pochissimo tempo si diffuse a macchia
d’olio, in maniera financo eccessiva (dal 1964 al 1978 ci contano circa
600 pellicole!), dando vita d uno dei più prolifici ed incredibili
episodi del cinema italiano, non solo di genere.
Ramon |
Ovviamente, Per un pugno di dollari non è stato solo un b-movie (nell’accezione economico-produttiva del termine, ça va sans dire)
dall’insperato successo, ma è stato il film che per primo ha rigirato
come un calzino la poetica del western americano, fondata sull’accezione
epica, a volte celebrativa, del pionierismo e della conquista del west
(storicamente, uno dei momenti fondanti per lo sviluppo e il
consolidamento degli USA), introducendo elementi di novità tanto sul
piano formale che su quello sostanziale.
In questa “favola per
adulti” (come Leone stesso amava definire i suoi western), vengono a
galla innanzitutto una violenza mai vista e un realismo del particolare
che si contrappone agli elementi più favolistici, per l’appunto, a volte
quasi fumettistici, portati dal piano narrativo.
"Fate molto male a ridere. Al mio mulo non piace la gente che ride. Ha subito l'impressione che si rida di lui..." |
Anche (e
soprattutto?) per motivi di carattere pratico, spariscono le grandi
praterie, gli Indiani, il Gran Canyon, e lo scenario diventa un assolato
e polveroso paese (calustrofobico, si potrebbe azzardare, rispetto ai
classici d’oltreoceano) ai confini con il Messico, che diventa teatro
delle vicende di un vero e proprio antieroe, non più un puro, un simbolo
della grandezza e della magnificenza della nascita di un paese, ma un
individuo violento, amorale e sostanzialmente interessato solo al denaro
ed alle proprie sorti personali. Il west non è più il simbolo di
un’epopea, ma una giungla dove sopravvivono il più astuto e,
soprattutto, chi spara più veloce.
* I rappresentanti della
Jolly Film, casa produttrice della pellicola, pare che avessero
assicurato Leone di aver acquistato i diritti per girare questa sorta di
remake del film di Kurosawa (a sua volta tratto
da un romanzo), ma convinti del fatto che Per un pugno di dollari
sarebbe passato assolutamente inosservato, proiettato per lo più in
qualche cinema parrocchiale o in qualche programmazione estiva, fecero a
sua insaputa questo ulteriore taglio al budget,
con tutte le note conseguenze: dopo alcune deboli difese (la più
brillante: gli sceneggiatori del film si sarebbero ispirati
all’Arlecchino servitore di due padroni di Goldoni), furono costretti a
cedere a Kurosawa i diritti per il film in Giappone, oltre ad una
percentuale sui restanti incassi.
** Clint Eastwood che, per chi
scrive, deve condividere gli onori del suo successo italiano con Enrico
Maria Salerno, che nella Trilogia del Dollaro gli ha dato la voce,
tirando fuori dal cilindro il più clamoroso doppiaggio di tutti i tempi,
in termini di efficacia.
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